<SCOUT, BIT & TAMBURI>
Bollettino telematico di informazione
a cura del Gruppo di Sperimentazione Informatica

Numero 12 - Aprile 1998

Handicap & Scautismo

"Gli ausili informatici per la riduzione dell'handicap"
Un estratto dalla conferenza di Michele Capurso
al Seminario "Informatica nuova frontiera ", Bologna 1996.

Iniziamo con alcune definizioni: la differenza tra deficit ed handicap, così come ci viene fornita dall'O.M.S.:

L'handicap, in altre parole, nasce dall'incontro-scontro tra persona con deficit ed ambiente sociale.
Per questo è scorretto parlare di "portatore" di
handicap. L'handicap non è "portato" dalla persona, è sempre causato dall'ambiente: l'essere su una sedia a rotelle è un deficit, ma non sempre è un handicap. Se l'impossibilità di camminare si traduce anche in impossibilità di viaggiare in treno o in aereo, di incontrare altre persone, di entrare in certi locali, allora siamo di fronte ad un handicap. Se invece il deficit di non poter camminare non preclude in alcun modo la vita sociale della persona, l'handicap non si è creato.



La differenza tra handicap e deficit può diventare un vero e proprio "metodo di lavoro" per chi fa educazione: conoscere (e accettare) il deficit per ridurre l'handicap potrebbe essere il nostro slogan educativo di capi scout.


La macchina amica (?)
Se l'
handicap è causato dal mancato incontro tra persona con deficit ed ambiente, ne consegue che per ridurre lo svantaggio è possibile lavorare lungo due direzioni: "far adattare" la persona all'ambiente, o "adattare" l'ambiente alla persona.
Non sempre, però, è possibile fare una o entrambe queste operazioni. Ecco allora che possiamo ricorrere a degli ausili, che funzionano proprio da "adattatori", e che ricevendo in ingresso delle informazioni prodotte nella forma più consona da una persona con
deficit, le traducono in forme più adatte e comprensibili all'ambiente in cui ci si trova.

La proposta Scout

da "I motivi di un successo" di R. Lorenzini


* IL LINGUAGGIO UNIVERSALE DEI FATTI
Lo scautismo è un metodo attivo che parte dai fatti. I ragazzi si misurano concretamente con i problemi, e concretamente li risolvono.

* IL VALORE DI OGNI PERSONA
La persona è sempre un fine. Non sono le sue prestazioni a far valutrare meglio o peggio un ragazzo.

* FIDUCIA, CARBURANTE UNIVERSALE
Quanti sono disposti a dare fiducia ad una persona con handicap? Nello scautismo questo avviene, forse per la prima volta...

*CIASCUNO AL SUO PASSO
Tutti crescono, ognuno lo fa con il proprio passo.

* OLTRE LA BUCCIA
Noi scout non ci fermiamo alle apparenze, ma scaviamo dentro.

* "LA FORZA DEL LUPO E' NEL BRANCO, LA FORZA DEL BRANCO E' NEL LUPO"
La cooperazione, opposta alla competitività, è l stile di vita che si vive in una unità scout.


* "A CIASCUNO VIENE CHIESTO IN BASE A QUANTO PUO' DARE"
Lo scautismo chiede a tutti, anche alle persone con handicap, perchè riconosce che anche loro sono capaci di dare.


Esistono oggi ausili che traducono la scrittura in voce o in informazioni braille; ausili che consentono a persone dotate di movimenti molto limitati (è sufficiente poter muovere volontariamente un solo muscolo del corpo!) di utilizzare un computer; ausili che traducono la voce in informazioni visive, e così via.


Possibili rischi
Vi sono alcuni rischi connessi all'uso improvvisato o non appropriato degli ausili.
Il primo è il
rischio della non integrazione o della non crescita. E' importante, per un gruppo di ragazzi, misurarsi anche con le difficoltà causate dall'handicap. Una cosa che noi scout sappiamo bene è che l'incontro con la difficoltà aiuta a crescere, ad impegnarsi per cercare delle soluzioni.
Solo così si potrà giungere all'integrazione, che è un insieme di tanti cambiamenti reciproci, sia della persona con
handicap sia delle persone che fanno parte dell'ambiente da lei frequentato. Un uso eccessivo di un ausilio, che introduce una soluzione artificiale, potrebbe anche essere controproducente nei confronti di un processo di crescita del gruppo.

Un secondo rischio, strettamente connesso al primo, è quello dell'aumento dell'isolamento. Una persona che si muove a fatica o che non parla costringe la comunità ad una serie di attenzioni e di cure che comunque creano ed intensificano un rapporto tra le persone. Un ausilio che risolvesse i problemi di comunicazione potrebbe allontanare gli altri, che possono delegare alla macchina le attenzioni di cui prima erano responsabili.
Un terzo
rischio è quello dell'atrofizzazione di capacità residue: se una persona parla a fatica, l'introduzione di un apparecchio dotato di sintesi vocale e la conseguente interruzione dell'uso della propria voce potrebbe avere effetti controproducenti sulle effettive competenze espressive della persona.



Il progetto: la soluzione
Come si possono minimizzare i rischi esposti ? E' necessario progettare con attenzione tutte le diverse fasi legate all'introduzione ed al successivo utilizzo dell'eventuale ausilio. In particolare è importante fare attenzione che:
- I ragazzi si "misurino" comunque con l'
handicap, ne comprendano il significato secondo le definizioni che abbiamo dato in apertura;
-
L'handicap generi quindi nuovi "apprendimenti" e lo sviluppo di nuove competenze in tutti.
- La presentazione ed introduzione di un ausilio sia effettivamente condivisa dalla persona con
deficit e dal gruppo.
- L'ausilio venga utilizzato in maniera equilibrata ed adeguata alla situazione. In linea di massima, una comunicazione diretta è sempre da preferirsi ad una situazione mediata dalla macchina; l'ausilio informatico potrebbe essere così utilizzato solo quando ci si dovesse trovare in ambienti o situazioni "portatori di
handicap", o quando fosse necessario realizzare una comunicazione rapida ed efficace.
- Sia sempre previsto un attento processo di verifica, relativo ai processi di comunicazione, al grado di (in)dipendenza della persona con
handicap, al gradimento dell'ausilio da parte di chi lo usa.

MICHELE CAPURSO
capurso@krenet.it

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